Pomodori del piennolo

Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP, è una delle produzioni più antiche e caratteristiche dell’area del Vesuvio. La denominazione d’origine protetta (DOP) Pomodorino del Piennolo del Vesuvio, designa il frutto degli ecotipi di pomodorini della specie Lycopersicon esculentum Mill, riconducibili alle seguenti denominazioni popolari “Fiaschella”, “Lampadina”, “Patanara”, “Principe Borghese” e “Re Umberto” tradizionalmente coltivati nello stesso territorio di origine, aventi i seguenti caratteri distintivi: frutto di forma ovale o leggermente pruriforme con apice appuntito e leggera costolatura; buccia spessa. Le caratteristiche squadrature laterali vicino al picciolo e la punta “un pizzo”, all’estremità hanno dato origine ad uno dei soprannomi del pomodorino del vesuvio noto anche, appunto, come pomodoro “col pizzo”. Le caratteristiche distintive, a livello tecnico-mercantile, del prodotto ammesso a tutela sono: allo stato fresco: frutti di forma ovale o leggermente pruniforme con apice appuntito e frequente costolatura della parte peduncolare, buccia spessa di colore rosso vermiglio, pezzatura non superiore a 25 g, polpa di consistenza elevata e di colore rosso, sapore vivace intenso e dolce-acidulo; conservato al piennolo: colore della buccia rosso scuro, polpa di buona consistenza di colore rosso, sapore intenso e vivace. I “piennoli” o “schiocche” presentano un peso, a fine conservazione, variabile tra 1 e 5 chilogrammi. Agli effetti dell’azione di tutela si è riscontrato che l’aspetto peculiare di tipicità che accomuna i pomodorini vesuviani è l’antica pratica di conservazione “al piennolo”, cioè una caratteristica tecnica per legare fra di loro alcuni grappoli o “scocche” di pomodorini maturi, fino a formare un grande grappolo che viene poi sospeso in locali aerati, assicurando così l’ottimale conservazione del prezioso raccolto fino al termine dell’inverno. Nel corso dei mesi il pomodorino, pur perdendo il suo turgore, assume un sapore unico e delizioso, che soprattutto i napoletani apprezzano particolarmente per preparare sughi prelibati ed invitanti. E’ appunto il sistema di conservazione al “piennolo” che, favorendo una lenta maturazione, consente altresì una lunga conservazione, con la conseguente possibilità di consumare il prodotto “al naturale” fino alla primavera seguente.

LA STORIA
Originario del Sudamerica, in particolare del Perù, il pomodoro arrivò in Europa con Cristoforo Colombo. A Napoli, invece, giunse nel Cinquecento dalla Spagna. Considerato inizialmente come pianta medicinale, e reputato da alcuni addirittura velenoso, entrò negli usi gastronomici soltanto alla metà del XVIII secolo: ne rendono testimonianza scritta un testo carnevalesco del Trinchera (datato 1743) e, soprattutto, il cuoco galante di Vincenzo Corrado (1765), dove il pomodoro è presente in alcune ricette. Dall’Ottocento in poi, inizia la grande diffusione di questo ortaggio che diventa uno dei simboli della cucina partenopea insieme alla pizza e alla pastasciutta. Con riferimento alle testimonianze storiche più illustri, notizie sul prodotto sono riportate dal Bruni, nel 1858, nel suo “Degli ortaggi e loro coltivazione presso la città di Napoli”, ove parla di pomodori a ciliegia, molto saporiti, che “si mantengono ottimi fino in primavera, purché legati in serti e sospesi alle soffitte”. Altra fonte letteraria attendibile è quella di Palmieri, che sull’Annuario della Reale Scuola Superiore d’Agricoltura in Portici (attuale Facoltà di Agraria), del 1885, parla della pratica nell’area vesuviana di conservare le bacche della varietà p’appennere in luoghi ombrati e ventilati. Francesco De Rosa, altro professore della Scuola di Portici, su “Italia Orticola” del novembre 1902, precisava che la vecchia “cerasella” vesuviana era stata via via sostituita dal tipo “a fiaschetto”, più indicato per la conservazione al piennolo. Il De Rosa è anche il primo ricercatore che riporta in modo esaustivo l’intera tecnica di coltivazione dei pomodorini vesuviani, facendo intendere così che si stava sviluppando nell’area un’intera economia intorno a questo prodotto, dalla produzione delle piantine da seme alla vendita del prodotto conservato.

SINONIMI
Pomodoro “col pizzo”
Pomodoro “da serbo”
Spongillo
Pummarulell


AREA DI PRODUZIONE
La zona di produzione comprende l’intero territorio dei seguenti comuni della provincia di Napoli: Boscoreale, Boscotrecase, Cercola, Ercolano, Massa Di Somma, Ottaviano, Pollena Trocchia, Portici, Sant’Anastasia, SanGiorgio a Cremano, San Giuseppe Vesuviano, San Sebastiano al Vesuvio, Somma Vesuviana,Terzigno, Torre Annunziata, Torre del Greco, Trecase, e la parte del territorio del comune diNola delimitata perimetralmente: dalla strada provinciale Piazzola di Nola – Rione Trieste (per il tratto che va sotto il nome di “Costantinopoli”), dal “Lagno Rosario”, dal limite del comune di Ottaviano e dal limite del comune di Somma Vesuviana.

EPOCA DI PRODUZIONE
La semina avviene a marzo-aprile, la raccolta da luglio a settembre.
L’antico procedimento di conservazione prevede la raccolta all’inizio dell’estate, prima della completa maturazione, a grappoli interi detti “schiocche”. Questi vengono sistemati su un filo di canapa, legato a cerchio, in modo da formare un unico grande grappolo (il “piennolo”). Conservati in luoghi idonei (ombreggiati ed adeguatamente ventilati), consentono la progressiva maturazione dei frutti, con il colore che vira dal verde al rosso intenso, e la loro conservazione sino al periodo natalizio se non addirittura fino alla primavera successiva.

TECNICHE DI PRODUZIONE
L’impianto si effettua tra il 15 marzo ed il 15 maggio con messa a dimora di piantine radicate. Le piantine vanno trapiantate in file parallele tra loro in modo che le distanze sulla fila fra le piante e fra le file siano regolari. I sesti d’impianto potranno variare fra cm 15 e 30 sulla fila e fra 0,80 e 1,20 fra le file, purchè non si superino le n. 45000 piante ad ettaro previste. Il pomodorino viene coltivato esclusivamente in pieno campo; le piante, allevate in verticale, con sviluppo in altezza fino a circa cm 80, sono sostenute con legature da fili tesi fra paletti di sostegno o, nella forma più tipica, da cannucce infisse al suolo, a tre a tre, a modi capannina. In questa maniera le bacche non toccano il suolo ed i frutti, ricevendo i raggi del sole in maniera uniforme, acquistano la colorazione rosso ardente che li contraddistingue; Il terreno viene preparato, concimato e coltivato secondo le ordinarie pratiche ortive.

NOTE/PARTICOLARITà
Le peculiarità del “pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP” sono la elevata consistenza della buccia, la forza di attaccatura al peduncolo, l’alta concentrazione di zuccheri, acidi e altri solidi solubili che lo rendono un prodotto a lunga conservazione durante la quale nessuna delle sue qualità organolettiche subisce alterazioni. Tali peculiarità sono profondamente legate ai fattori pedoclimatici tipici dell’area geografica in cui il pomodorino è coltivato dove i suoli, di origine vulcanica, sono costituiti da materiale piroclastico originato dagli eventi eruttivi del complesso vulcanico Somma-Vesuvio. In quest’ambiente di elezione, la qualità del pomodorino raggiunge punte di eccellenza. Con il pomodorino del piennolo appena raccolto viene preparata una conserva tipica, detta “a pacchettelle”, rappresentata da spicchi di pomodoro non pelato e tagliato longitudinalmente (filetti)e spinti in bottiglie di vetro o in scatole di banda stagnata avendo cura di non lasciare vuoti all’interno. Le bottiglie, tappate col sughero, erano poi bollite per almeno un’ora in grosse caldaie. Tale pratica locale va purtroppo sempre più scomparendo. Restano comunque un ingrediente essenziale di tanti piatti tipici napoletani, regalano un tocco inconfondibile alla pizza, alle bruschette, agli spaghetti, alle salse, agli intingoli di pesce e a mille altre ricette.

REGISTRAZIONE
La Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.) “Pomodorino del Piennolo del Vesuvio” è stata riconosciuta, ai sensi del Reg. CE n. 510/06, con Regolamento n. 1238 del 11.12.09 (pubblicato sulla GUCE del 17.12.09). La Scheda riepilogativa è stata pubblicata sulla GUCE C111 del 15 maggio 2009. L’iscrizione al registro nazionale delle denominazioni e delle indicazioni geografiche protette è avvenuta con provvedimento ministeriale del 18.12.09, pubblicato sulla GU n. 2 del 4.01.10, unitamente al Disciplinare di produzione.

ORGANISMO DI CONTROLLO
L’organismo di certificazione autorizzato è l’Is.Me.Cert. (Istituto Mediterraneo per la Certificazione dei prodotti e dei processi nel settore agroalimentare), Corso Meridionale, 6 80143 Napoli tel. 081.5636647 – fax: 081.5534019 (sito web: www.ismecert.it).